YUKKURI o dell’obbligarsi alla lentezza

dsc02206「テンポ」 /tenpo/ una parola d’origine italiana che è lo stare “a tempo”, nell’accezione che coinvolge il ritmo più che la durata senza inizio e senza fine, come è invece il nostro imperfetto che riprende un passato senza date, nel tratteggiato di una linea che è nella zona centrale definita ma a pois nelle sue terminazioni.

 È la velocità.

Quando si nota il semaforo lampeggiare, l’istinto è quello alla corsa.

È una maratona la città. Ogni angolo ha il suo ritmo, scandito dalla luce e poi dall’ombra, dalle insegne luminose, da fazzoletti di verde e bastoncini di cemento. Il vociare altissimo degli inviti ad entrare, le rassicurazioni su un sapore, su una consistenza, su un prezzo che solo oggi, solo adesso, solo per un’ora rimarrà tanto conveniente.

Sfrecciano per le strade di Tokyo parole semplici a misura di turista o a misura di passante, che per antonomasia passa e va. E tu, che vai di corsa come tutti gli altri, ti lasci dietro la nostalgia d’ogni ascolto.

Alla stazione di Mejiro una bimba di sette o otto anni accenna passi di danza davanti al nonno, nella frenesia del movimento della gente che corre a prendere un treno, corre per scendere dal treno, corre e basta. E sono solo loro due, il nonno e la nipote, lei così profondamente intenta nel balletto sgraziato dei bambini.

È un avanti-veloce. E poi si ferma.

E tu, con loro, ti fermi. E l’istante si dilata prima che la corsa ingoi ancora ogni cosa.

dsc02095Questo autunno è stato tutta una scadenza. La tesi di dottorato, il nuovo romanzo, una nuova giovanissima cosa che richiedeva una precisione che ho dedicato a qualcuno solo un’altra volta nella vita.

Col fiatone, rosicchiando ogni riposo pur di infilarci attività, mi sono svegliata per mesi alle quattro e trenta del mattino, uscendo di casa con le stelle, rinunciando alle persone. Ho vissuto la frenesia assoluta dei giorni, ho corso così tanto che mi pare d’esser arrivata persino in anticipo sugli anni. Ed eccomi, ospite inattesa ad una festa dove il padrone di casa sta ancora infornando gli antipasti.

Ma ogni cosa è stata porta, con la gioia con cui si affida al mondo una creatura nuova di zecca.

dsc02123Ed ecco il lavoro di ricerca di anni, ecco la materialità nella letteratura del Novecento, eccola sviscerata in Ogawa Yōko. Ecco il romanzo che mi ha insegnato cosa significhino i legami, di come l’amore abbia proiettata su di sè, onnipresente, l’ombra del possesso. Eccomi all’alba di un’altra vita.

E poi d’un tratto 「ゆっくり」 YUKKURI, “piano piano”, così piano che c’è stato da obbligarsi. Perchè quando le gambe sono abituate alla corsa, iniziare a camminare lentamente, ma davvero lentamente, può esser faticoso.

Lampeggia il semaforo e tu, che saresti spinta ad accelerare per cogliere l’onda di colore, adesso punti i piedi, dici “no!”. Il rosso è lì per darti modo di guardare il menù del ristorante alle spalle, di sbirciare sul banco delle spezie, per tirare anche solo un sospiro e dirti “brava, ce l’hai fatta!”.

Tu che stai per settare la sveglia, propendi per l’ultimo numero che riesci a immaginare, per il 「ぎりぎり」 /girigiri/ “pelo pelo”, e persino per la sua totale assenza nei giorni di festa.

Per riposarsi bisogna forzarsi, convincere se stessi che davvero è finita, che ora quel che serve è andar con calma, che senza ricaricarsi non ci sarà nulla da donare nè a te stessa nè a nessun altro.

È il momento di fermarsi. E quando il passo va troppo rapido e te ne accorgi ti fermi, rallenti forzandosi persino.

「ゆっくりと、ゆっくりと」YUKKURI.

Hai da recuperare. Hai da forzarti alla lentezza. Hai da recuperar forza nella lentezza. Hai da esercitarti all’abitudine del corpo che cambia di 「テンポ」 /tenpo/, di ritmo.

Hai il diritto e il dovere di piegarti al YUKKURI.

dsc02208Un’altra espressione giapponese che inneggia alla lentezza è 「焦らずに」 /aserazu ni/ “senza fretta” dove 「焦る」 /aseru/ è “andar di corsa, affrettarsi” ed ha il medesimo kanji di 「焦げる」 /kogeru/ un verbo che si pronuncia in una cucina dove qualcosa è andato storto, dove si è “bruciata” una pietanza. Perchè è proprio questo che significa: “bruciare”. Correr troppo, del resto, a quello porta.

 E poi c’è riposare che è 「休む」 /yasumu/ che è la persona 「人」 che sta, semplicemente sta sotto un albero 「木」. Forse attende, forse legge, probabilmente davvero solo sta, esiste. E questo basta.

Mi sono ripetuta in queste settimane anche e soprattutto varie declinazioni del verbo 「落ち着く」 /ochitsuku/  che è “calmarsi” e che è l’abbinamento di 「落ちる」 /ochiru/ “cadere” e di 「着く」 /tsuku/ che è “arrivare”. È quindi il risultato delle azioni che scivolano giù, giungendo alla fine. Ed è per questo che la forma negativa di questo verbo comunica invece instabilità emotiva, nervosismo, come una sospensione nel mezzo che non permette una bellissima caduta.

dsc02106Perchè si tratta in fondo di cadere, per arrivare nel punto più profondo di un luogo strettissimo dove non poter che stare fermi e guardar su, verso il cielo che d’un tratto non ti è mai parso così bello, così vario, qualcosa infine che non si spezza più in metereologiche varietà – sole pioggia nuvole freddo caldo.

E una volta che ti sei costretta al YUKKURI, all’ASERAZUNI, al YASUMU, all’OCHITSUKU allora sporgi il corpo, e sei finalmente pronta all’immobilità che ti permette di vedere che l’autunno è arrivato e sta finendo, che rallentare il passo significa essere infine al passo di tuo figlio e al passo della vita che va finalmente al giusto ritmo.