La donna in origine era il sole. La ‘festa delle bambine’ in Giappone’

Articolo pubblicato l’8 marzo 2014 su Libreriamo
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『元始、女性は実に太陽であった。真正の人であった。今、女性は月である。他に依って生き、他の光によって輝く、病人のような蒼白い顔の月である。』 平塚らいてう

 ”In origine la donna era veramente il sole. Una persona autentica. Adesso la donna è luna. Luna dal volto deperito, di malato, brilla di luce altrui, da altri dipende la sua vita […]” Hiratsuka Raichō

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Nasce da una donna l’impero del Giappone. È la dea Amaterasu, è la luce senza la quale ”le pianure del sommo cielo e le terre immerse nelle pianure di giunco” cadono in rovina. Nessuno può prescindere da lei.

Non più allora un dio ma una dea, che domina il mondo e tutte le creature. Ella ha delicatezza e saggezza femminile, ma non per questo manca di forza e determinazione, frecce in spalla, piede sclapitante. Così, quando il fratello Susanowo con il suo comportamento oltraggioso la spaventa ed ella si rifugia in una grotta, il mondo intero subisce una notte senza fine, malattie, un decadimento senza alternative. Tutte le creature della terra e gli altri dei si affollano fuori dalla grotta per convincerla ad uscire, escogitano un modo per tirarla fuori e riportare così l’universo all’equilibrio. Sarà il riso, l’oscenità di un gioco che fa del corpo femminile un’esplosione di vita, a muovere la sua curiosità e a farle fare capolino dalla cavità. La grotta sarà chiusa, il fratello Susanowo punito in modo esemplare e Amaterasu, “grande sovrana e sacra” tornerà a regnare. Così è narrato nel Kojiki, prima opera relativa alla storia giapponese che raccoglie racconti mitologici e di fondazione del paese.

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Così, quando secoli più tardi, Hiratsuka Haru, in arte Hiratsuka Raichō (1886 – 1971), una delle figure più influenti del movimento femminista giapponese, scrive il saggio d’apertura alla rivista Seitō e dichiara come la donna in principio fosse il sole ma come essa fosse nel tempo divenuta invece luna, comprendiamo infine il significato profondo di quelle poche righe piene di passione. Seitō fu la prima rivista letteraria femminile giapponese, guidata dalle donne per le donne, un esperimento durato invero pochi anni (1911 – 1916), ma simbolo di un ribollire di energie e di idee, di un gruppo di intellettuali, poetesse, scrittrici tra cui spicca la stessa Hiratsuka Raichō, la cui autobiografia (disponibile anche in lingua inglese) è intitolata proprio come le prime parole di questo incipit imperioso: La donna, in origine, era il sole. Una vita piena di contraddizioni, all’insegna del mutamento e dell’indipendenza.

Oggi 8 marzo il Giappone non festeggia il “giorno della donna”. Non perchè la celebrazione della femminilità, la dichiarazione dei diritti paritari, la lotta per l’abbattimento delle differenze di genere non siano argomenti d’importanza, ma perchè questa festa è parte di un’altra cultura che, per certi versi, ha radici ancora esili nella terra del Sol Levante. Cade invece il 3 di marzo una celebrazione antica che fa della donna in nuce, della bambina, la protagonista. È il periodo in cui in Giappone fioriscono gli alberi di pesco e 雛祭りhina matsuri “la festa delle bambine” ha la funzione di pregare per il benessere, la felicità e la buona crescita delle piccole.

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L’origine di questo festival è cinese. Anticamente, infatti, il 3 di marzo in Cina era tradizione lavare mani e piedi per far scivolare via con l’acqua il malocchio. Introdotta in Giappone questa celebrazione si trasformò. La sfortuna, adesso, non la si lavava più via dal corpo, ma la si passava alle bambole, oggetto di gioco delle bimbe, e nel gettare i giocattoli nelle correnti del fiume si allontanavano così dalle piccole padrone le disgrazie.

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Oggi questa festa tutta al femminile si celebra attraverso l’esposizione di bambole rituali in casa – la cui arte è regolamentata con estrema precisione – e nella consumazione di alcuni cibi particolari, ricchi di colore e di simbologie, come lo hishi-mochi fatto di tre strati di pasta di riso, uno rosa (che simboleggia il rispetto per gli antenati e allontana la sfortuna), l’altro bianco (la purezza) e l’ultimo verde (che richiama la vitalità dei germogli di primavera).

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Laura Imai Messina su LIBRERIAMO dell’8 marzo 2014

 

2 commenti su “La donna in origine era il sole. La ‘festa delle bambine’ in Giappone’

  1. Edoardo Quiriconi ha detto:

    Con piacere lascio qui il primo commento a questo STUPENDO articolo. Lo Hina Matsuri è uno di quegli eventi che più mi incuriosiscono, mi affascinano, nella varia, sterminata cultura popolare giapponese. Purtroppo non ho ancora avuto la fortuna di trovarmi sul posto nei giorni nei quali lo si celebra; spero tanto di riuscire a venire quanto prima in pianta stabile per potermelo godere tutti gli anni. Era tutto fatto ma poi, come scrivi nel tuo bellissimo romanzo, “arrivano quei giorni là…”. Il mio è arrivato e, francamente, non ha lasciato qualcosa di bello nella mia vita. Passerà, non si può che dire così, casa Laura. Tornando alla “festa delle bambine”, uno degli aspetti che mi incuriosiscono di più del rituale è la esposizione/disposizione della bambole cerimoniali… Ne scrive, parimenti affascinato e rapito, anche il grande Fosco Maraini in un suo libro (e questo non ha fatto che aumentare la mia curiosità per il “matsuri” di cui al presente articolo). Mi piacerebbe tantissimo entrare in una casa privata e vedere come si vive questa festa nella quotidianità, nella vita normale delle persone normali. D’altronde, proprio la curiosità per tutto ciò che è “estremo oriente” nel “piccolo”, nel “minuto”, mi iniziò allo studio del giapponese, della sua storia e della sua cultura: mai scelta fu più saggia. Anche oggi, mentre attraverso un periodo di ansia, stress, financo paura, il sollievo me lo da solo mettermi lì, con un blocco, e esercitarmi “a nastro” con gli ideogrammi, piuttosto che ripassare la grammatica o leggere un libro di storia e cultura estremo orientale. Sono affinità elettive che non si riescono a spiegare; certe volte le cose “succedono” e basta. Non ho mai letto manga, giocato videogames o che altro, eppure, dentro di me, il richiamo verso questo Paese è sempre stato latente, l’amore strisciante, fin da quando, ancora adolescente e per 5 anni di vita, iniziai a praticare il Karate e, attraverso il Giappone (indirettamente) imparai alcune regole di comportamento, di rispetto che, ancora oggi, costituiscono alcuni dei princìpi cardine della mia morale interiore. Non esagero, quando dico che lo studio di questa lingua, così difficile eppure, per certi aspetti, così facile, mi abbia cambiato, decisamente in meglio, la vita. Grazie per questa perla di articolo. 🙂

    1. Laura Imai Messina ha detto:

      Caro Edoardo,

      colpita dall’intensita’ delle tue parole nei messaggi precedenti non ho saputo bene come rispondere. Aspettavo il momento giusto che pero’, si sa, non arriva mai. Ti abbraccio forte e ti ringrazio per la tua partecipazione che e’ sempre, davvero, significativa. Laura

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