L’addio agli aghi o l’importanza delle cose.

Oggi in Giappone è il giorno in cui gli aghi da cucito che si sono rotti vengono portati al tempio「針供養」(harikuyo).

Mi sono chiesta il perchè. Aghi? Rotti? E perchè al tempio?
Mi hanno risposto le studentesse e mia suocera che ho raggiunto al telefono mentre aspettavo il treno. Pezzetti di informazioni che cuciti tutti insieme hanno fatto di una tradizione, come sempre, un dono. Qualcosa che è di tutti ma, da oggi, anche un po’ mio.

Una tradizione che risale all’epoca Edo e che ha la finalità di ringraziare gli aghi per il lavoro svolto. Aghi dalla cruna rotta, aghi spezzati, piegati dallo sforzo. Un gesto che è bello per davvero. Dedicare tempo e un viaggio verso il tempio ad un oggetto che, con dedizione, ha lavorato per noi a lungo.
Quanta delicatezza, ho pensato.
Ed anche se adesso sono ormai soprattutto le persone che lavorano nell’ambito della sartoria giapponese ad onorare questa tradizione, penso a quanto da quest’ultima ci sia ancora da imparare.

Vorrei che questa attenzione al lavoro svolto dagli oggetti, potesse essere estesa a molte altre cose che circondano la nostra quotidianità e che ci limitiamo ad usare e, una volta che non ci servono più, a gettare via.

Dare più importanza a ciò che acquistiamo e che ci accompagna nella vita di tutti i giorni avrebbe come risultato quello di curare maggiormente noi stessi. E il consumismo avrebbe finalmente un freno. Perche’ nell’attribuire anima a una cosa la si cura. La si sostituisce solo quando è veramente necessario.

E allora osservo la copertina tutta rovinata del mio dizionario elettronico, il cucchiaio di legno che accompagna le mie danze in cucina da tantissimi anni, lo schermo rigato del mio cellulare, la custodia del mio pc portatile, la pentola consumata in cui ho cucinato i miei primi piatti per Ryosuke.

E mi dico che tra tutti, quelli più consunti, sono proprio quelli che di me raccontano di più. Quelli che conosco meglio. E che di me sanno più degli altri.

*Trovate qui la successione fotografica dell’evento. (in giapponese)
* In fotografia alcuni scatti della nostra gita a Jindaiji 深大寺
.
.

Cucina giapponese: le uova al tè 紅茶卵

A Tokyo si avvicina la mezzanotte e questo sabato di pace totale ha visto la Gigia – come suo solito – andare a sbattere a casaccio contro vari punti della casa e della strada (sì, questo cane tende ad inciampare e ad ignorare del tutto la natura solida dell’universo circostante), ha visto Ryosuke scoprire che i suoi 27 anni si stanno trasformando in 28 e la sottoscritta mangiare ogni tipo di dolci e approcciare i nuovi libri recapitati da Amazon Italia.

Così, in questo clima di totale inutilità esistenziale, propongo la seconda ricetta di cucina giapponese preparata ieri e gustata oggi: le Uova al tè 紅茶卵. Senza falsa modestia posso ammettere che sono venute davvero deliziose.

Si tratta di una pietanza per palati delicati. Il sapore migliore, pertanto, andrà a nascondersi nelle sue “fessure”, nel suo retrogusto profumato.

INGREDIENTI

-Uova・・・・・・・ 4


A

-Acqua・・・・・・・・・・2 tazze e 1/2
-Alloro・・・・・・ ・・・2 foglie
-Tè*・・・・・・・・・・・3 cucchiai
-Sale・・・・・・・・・・・2 cucchiaini/ 2 cucchiaini e 1/3
-Salsa di soia ・・・・・1 cucchiaino e 1/2
Polvere delle cinque spezie・・・un poco

* Il tè non deve avere un sapore troppo forte. Meglio uno dal profumo delicato e quanto più neutro posssibile.


PREPARAZIONE

1. Mettere acqua abbondante in una pentola insieme alle uova e bollire a fuoco medio/alto. Da quando l’acqua inizia a bollire attendere 7 minuti. Al loro interno resteranno ancora morbide.

2. Passare in acqua fredda.

3. Una volte completamente raffreddate, sbattere leggermente le uova una ad una su una superficie solida (tavolo, tagliere etc.) per creare delle crepe sul guscio. Questa operazione donerà inoltre alle uova un particolare effetto estetico.

4. Nel frattempo, in un pentolino mettere l’acqua di A e le foglie di alloro e cuocere a fuoco alto fino ad ebollizione. Aggiungere allora gli altri ingredienti di A e abbassare il fuoco al minimo e inserire le uova comprensive del guscio.

5.Cuocere così sempre al minimo per 5 minuti e togliere dal fuoco facendo raffreddare il tutto.

6. Inserire le uova e il loro liquido in un contenitore ermetico e lasciar riposare in frigorifero mezza giornata o un giorno intero.

7. Estrarre dal contenitore le uova, sgusciarle e lasciarle riposare all’aria.

8.Tagliare in 4~8 parti e servire aggiungendo a piacimento degli odori.

Personalizzazioni

– come si sarà notato dalle fotografie ho preparato esattamente il doppio della quantità. Personalmente preferisco cucinare sempre più di quanto in effetti si andrà a consumare durante un pasto. Ciò permette di utilizzare le pietanze per i bento o di gustarle anche dopo un giorno o due senza dover impostare nuovamente tutto il procedimento.

Setsubun o "della primavera che è domani"

Il menù di stasera è variegato, abbraccia due continenti. D’andata e di ritorno. C’è il riso, il “white stew” che dalla Francia è divenuto ormai un piatto di cucina casalinga giapponese, le melanzane allo yuzu e shiso, lo zuccotto di melanzane siciliano e l’ehōmaki (恵方巻) acquistato stasera in un negozietto dentro alla stazione.

Quest’ultimo, in particolare, determina il giorno che è oggi e profuma dell’idea di primavera. Il 3 febbraio, infatti, qui in Giappone è il giorno denominato Setsubun「節分」ovvero quello che, sul calendario, precede l’inizio della primavera.
Ed è così ogni anno e non serve ripetere che il tempo non lo suggerisce, che siamo ancora in pieno inverno, che fa freddo e che la primavera è ancora lontana da venire. Non conta. Le tradizioni vanno rispettate ed apprezzate con quella nostalgia delle cose belle che si vuole mantenere ancora nel presente.

E allora si mangia questo grosso maki nella direzione propizia che suggerisce il calendario. Nord, sud, est, ovest? Quest’anno è 「北北西」 ovvero nord, nord-ovest. Ed è bello immaginare migliaia di persone che afferrano l’ehōmaki e lo mangiano a morsi guardando verso un particolare angolo della casa, magari verso la finestra, il bagno, la tv, il muro etc.
E va mangiato tutto, in religioso silenzio, pregando che il proprio desiderio s’avveri.

E mentre nell’aria le uova al tè riempiono del loro profumo speziato la cucina e la nostra piccola casa che la contiene, giro il riso che si è appena cotto.

「鬼は外!福は内!」”oni wa soto! fuku wa uchi!”
“Fuori i demoni! Dentro la fortuna!”

Così, in questi giorni, tanti bimbi hanno gridato tutti eccitati lanciando i fagioli contro un padre, una madre, un parente, un insegnante o un amico che si è calato sul viso la coloratissima maschera da demone per inscenare il rito. Una tradizione che, in diverse forme, sussiste dal lontano periodo Heian.

*In foto l’ehōmaki che ho scelto per la nostra famiglia e un’immagine deliziosa che riproduce il rito dei fagioli a cura della pagina www.wanpug.com