Arisa

Due ragazze da non dimenticare, Arisa e Miki 3/11/11

E’ la storia di due giovani donne di venticinque anni e ventiquattro anni. 遠藤未希 Endo Miki e 三浦亜梨沙 Miura Arisa che il giorno del terribile terremoto si trovavano sul posto di lavoro, ovvero nel “Centro per la prevenzione dei disastri” della città di Minamisanriku 南三陸町. Erano compagne di classe al liceo. Si conoscevano dalle scuole medie.

Lo scorso 5 marzo sono stati infine resi noti i messaggi che la giovane Arisa ha inviato alla madre e al fidanzato prima che lo tsunami spazzasse via tutto.
Scriveva alla madre che era previsto l’arrivo di un’onda di 6 metri di altezza.

「無事ですか?!6メーターの津波きます。役場流されたらごめん」
“Stai bene? Sta arrivando uno tsunami di 6 metri. Se l’edificio verrà spazzato via, perdonami”

Ed è solo dopo un anno da quella terribile data che la madre è riuscita a leggere nuovamente quel messaggio. Quel “gomen“, quello scusa finale che le ha stretto il cuore per mesi.
Il 17 gennaio scorso il cadavere di Arisa è stato scoperto da un passante a lato di una montagna di macerie. Il numero idenficativo dell’abito che era stato confezionato a mano ha suggerito che fosse lei, la prova del DNA ha fatto il resto.


「ぜってー死ぬなよ!」
“Non devi assolutamente morire!”

「うん、死なない!!
愛してる!!」
“Sì, non morirò!!
Ti amo!!”

Questo l’ultimo scambio di email tra Arisa e il fidanzato. Lui che le ordina di non morire. Lei che promette che non lo farà. Un’ultima dichiarazione d’amore e poi, dopo pochissimo, arriva quell’onda che non fu di 6 ma di più di 10 metri.
E che spazzò via tutto l’edificio, lasciandone semi-intatto solo lo scheletro.

E in quella cittadina sono tante le testimonianze di chi ha riferito di aver sentito fino all’ultimo istante la voce di Endo Miki all’altoparlante, una voce che, fin da subito dopo il tremendo terremoto, non ha mai smesso di fornire comunicazioni sulla situazione, sull’arrivo del micidiale tsunami.

Delle cinquanta persone che erano al momento dello tsunami nell’edificio se ne sono salvate solo undici. Alcuni che si sono aggrappati alle ringhiere sul tetto, altri all’antenna che lo sovrastava.

Leggo queste notizie, leggo questi messaggi rubati al privato perchè si possano celebrare quelle persone che fino all’ultimo hanno continuato a fare il proprio lavoro.

Perche’ la parola “eroe“, che troppo spesso viene abusata o usata impropriamente, ha un significato preciso.
Ed e’ qui, in situazioni come queste, che personalmente io la trovo, invece, assolutamente appropriata. Appropriata. Esatta. Dolorosamente giusta.

* In fotografia il messaggio inviato da Arisa al fidanzato e lo scheletro dell’edificio in cui, quel giorno, si è consumata la tragedia. Fonte Sankei Shimbun e Asahi Shimbun