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Tornare a casa in un giorno di pioggia

Oggi in Giappone è il giorno del corallo. Una parola così musicale in italiano, così rossa nel mio immaginario. Una parola che ha dentro il ricordo dei gioielli di bambina.

E quasi ad omaggiare questo giorno nel Kanto oggi piove. In ogni spicchio di Giappone che oggi ho attraversato, nell’ora di viaggio che mi separava da casa dei suoceri a casa mia, l’acqua cadeva. Bagnava. E profumava l’aria non di freddo ma di fresco.
Perchè sono otto gradi e si sta bene a passeggiare.

Una settimana lontana mi dona nuovi ricordi e insieme mi ribadisce la nostalgia che io ho di casa mia. E non c’è niente da fare. Perchè dalla stazione, nonostante il trolley più pesante e le strade umide di pioggia, mi viene irresistibile la voglia di percorrere la distanza a piedi. Di guardare la città, di osservare il lunedì di Kichijoji, il cielo di marzo che diviene di un grigio più cupo pian piano che si avvicina l’ora del tramonto.

La pioggia smette di cadere e, avvicinandomi al portone di casa, con i podcast di Radio Deejay nelle orecchie, annuso un buon odore di curry, immagino il riso uscire dal bollitore e mi sento – se possibile – di un gradino più felice.

Raccolgo il mare di posta, liquido lo metto sottobraccio e giro le chiavi di casa. Ed entrando apro tutte le finestre. Che la casa respiri. Che riprenda fiato.

A giorni si ripartirà ma, ci penso, è meraviglioso essere felice non solo nel partire ma anche nel tornare.

*In fotografia
(1) il quartiere di 赤坂見附 Akasakamitsuke, sulla Linea Ginza, vicino all’immensa Aoyama Doori. Dopo uno splendido pranzo con delle colleghe in un ristorante italiano ad Aoyama. Tantissima luce, stradine secondarie e la città a più strati che si intravede sul fondo tra cartelli, insegne, macchine e lampioni… (Tokyo, 24 febbraio 2012)
(2) Un dettaglio di kimono. Tre generazioni di donne. Una nonna, una madre e una bimba vestite tutte e tre, nei differenti toni delle stoffe che s’addicono all’età di chi li indossa, in kimono.
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