compleanno

Di una pasticceria di verdure, dell’o-bon e di un giardino "segreto" nel centro di Tokyo

  Un compleanno che doveva cadere lontano da Tokyo, in una localita’ a un volo di aereo e a una tratta di treno di distanza, ma la vita fa lo sgambetto e quando ti rimette in piedi lo fa con i suoi tempi. 
  Ma tutto e’ bene quello che finisce bene e per festeggiare i miei anni Ryosuke mi ha portato per mano a Naka-meguro, un quartiere che volevo tanto rivedere al di la’ dei ciliegi, la cui fioritura primaverile e’ eccezionale (vedi qui).
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  Invertiamo il cammino per andare a fare colazione in una pasticceria di cui avevo sentito tanto parlare e le cui torte sono tutte confezionate con le verdure. Zucchine, pomodori, granturco, gobou etc. 
  Sembrano gioielli, custoditi oltre lo spesso vetro del bancone. Puntiamo il dito nella curiosita’ e ne veniamo fuori con tre paste, dell’acqua alle erbe e delle forchettine con cui tortureremo, seduti al tavolino subito fuori dal negozio, i gusti tanto strani alla vista e al palato. 
  Un passerotto ci domanda briciole, una coppia gioca a mostrarsi scatti fatti al cellulare e noi parliamo, mangiamo, fotografiamo. Si chiama “Potager” e vale forse l’esperienza piu’ ancora che il gusto.
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  Ci perdiamo per le stradine del quartiere, come sempre ci piace fare, e ci ritroviamo in un piccolo tempio dietro al quale sorge un parco dove i salaryman schiacciano pisolini e pause pranzo: seduti sulle panchine con il bento sulle ginocchia, fumano una sigaretta, su un’altalena si fanno cullare dal vento mentre controllano l’email al cellulare.
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  E poi c’e’ quello “sfrugugliare” di stradine, kombini, insegne, ingarbugliati fili della luce che e’ il paesaggio per antonomasia di Tokyo. L’umanita’ che lenta o a passo spedito diviene parte del paesaggio e vi aggiunge ulteriormente colore. 
  Un ragazzo che fuma al semaforo, una nonnina che scende con il carrellino da una ripida stradina, una giovane donna che procede veloce davanti al tempio e tra le mani un parasole bianco su cui si riflette la luce accecante di agosto.
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  Torniamo verso la stazione, raggiungiamo il lungofiume dove i ciliegi riposano quieti in un tripudio di verde. Aprile e’ ancora lontano, puo’ ancora godere del silenzio. Molti negozi sono chiusi per l’o-bon お盆, una festivita’ dal sapore religioso e profondamente familiare durante la quale si va tutti insieme a pregare sulla tomba di famiglia e, la sera del primo giorno, si accende un fuoco chiamato “mukae-bi” むかえ火 che ha la funzione di indicare la strada agli antenati. La fiamma li guidera’ verso la porta di casa. 
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  La sera dell’ultimo giorno di o-bon, invece, per facilitare il ritorno delle anime dei morti venute a far visita alla famiglia durante la festivita’, in alcune regioni del Giappone, si creano ancora barchette di carta e vi si accende un piccolo fuoco all’interno.Quest’ultima cerimonia si chiama tourou-nagashi灯ろう流しdurante la quale si pongono le lanterne di carta in mare o su un fiume e le si lascia scorrere sulla superficie dell’acqua. Anticamente, infatti, si credeva che dall’altra parte del mare o di un fiume vi fosse il mondo dei defunti. L’o-bon, una delle poche vacanze lunghe di questo paese che lavora sempre troppo.
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Saliamo su per una ripidissima stradinaalla cui sinistra sfrecciano taxi, zigzagando per le tortuosita’ della via. E’ tra Naka-meguro e Daikanyama. Ed e’ quando, dopo una serie di virate, che troviamo il cancello, che ricordo il luogo esatto scorto in tv giorni fa durante uno dei programmi dedicati alle passeggiate per Tokyo che registro ogni giorno e ogni sera mi riguardo da sola – mentre preparo la cena per noi e per la Gigia – o con Ryosuke quando torna dal lavoro. 
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  E’ 旧朝倉家住宅, “L’antica residenza degli Asakura”, un giardino e una casa che sembrano riportarci indietro di cento anni, tra pavimenti di tatami da percorrere scalzi e il liscio legno dei corridoi avvolti in eguale misura dall’oscurita’ e dalla luce. 
  Ci sono gli shoji le porte di carta e di legno, le cassettiere dipinte a ventaglio, l’architettura semplice di una casa a due piani che ora e’ vuota e permette lunghi passi nei suoi tanti ambienti. Il piccolo giardino interno, uno stagno di piante acquatiche e pescetti rossi che giocano a nascondersi sotto alla superficie dell’acqua. 
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Le porte sono spalancate sul grande giardino che circonda la casa. Sono pini, momiji etc. che di stagione in stagione sveleranno i propri colori
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“Dobbiamo tornarci in autunno”, cosi’ ci diciamo con Ryosuke, seduti sul pavimento di tatami che da’ sul giardino. Rimaniamo li’ a chiacchierare di settembre, di domenica prossima, del lavoro, della Gigia, del trasloco, di quanto e’ bello quel posto e di come anche senza viaggiare lontano Tokyo riservi sempre sorprese. Le cicale intanto urlano dai rami degli alberi e dai cespugli la colonna sonora dell’estate tokyota.
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  Recuperiamo le scarpe e usciamo. Pochi passi e siamo di nuovo nel turbine sonoro e visivo della Tokyo di oggi. Procedendo verso una delle librerie/caffe’ piu’ belle e recenti di questa citta’. Ma magari ne parlo un’altra volta…

Ventisettenne OTTO

Un giorno speciale che non lo sembra affatto. Di candeline e di tanti auguri, tanti auguri, tanti auguri a te. E’ Ryosuke che fa gli anni.

“Quante candeline?” chiede la commessa del bancone della piccola pasticceria all’interno di Atrè a Kichijoji.
“Ventisette… la vedo difficile” sorrido.
Specchio riflesso e mi ritorna indietro il sorriso.
“Che ne dice di due grandi e sette piccole?”
“Perfetto!”

La sveglia che suona a lungo stamattina. Una, due, tre, sette, OTTO volte. E il mio 8 non si sveglia, incagliato nel cuscino, continua a risettare l’orologio che grida ogni mezzora senza essere ascoltato. Non riusciamo proprio ad aprire gli occhi.

Forse è stata l’ora tarda che ci ha imposto ieri il terremoto, il susseguirsi di notizie di cui si ha una gran fame ogni volta che capita qualcosa. E’ per capire dove si è, in quel preciso istante della Storia presente. Allora giù di televisione, di NHK, giù di skype e di facebook. Giù di blog e giù anche di google.

Ubriaca di notizie rifletto sul primo spasmo di emozione successivo al terremoto.

Le coccole alla Gigia prima di tutto. Poi il pensiero al mio 8 in treno verso casa.
Ma subito, subito dopo internet, la pagina facebook. La comunicazione di servizio che passa dalla porta principale.

Son qua. Ho avuto un po’ paura ma non è successo niente di che. Tutto bene. Grazie a tutti.

Ed esser sola a casa non fa più nè caldo nè freddo. E’ più il tiepido calduccio equilibrato che ti fa sentire in compagnia, capìta, contestualizzata ed “esprimente”. Perchè parlare e comunicare è il modo migliore per equilibrare.
Senza internet questo terremoto (e per questo intendo quello di quasi un mese fa) non me lo saprei proprio immaginare.

Una gran nausea oggi. E’ il sonno interrotto e acchiappato più e più volte. Alla fine Ryosuke fa tardi al lavoro, usciamo che è mezzogiorno.
Di nuovo fino a Shibuya per passare più tempo con Ryosuke, di nuovo fino ai tornelli della Yamanote, di nuovo alla panetteria francese che ho scoperto solo ieri al quarto piano della stazione di Shibuya.
Riprendo l’abitudine al romanzo e so che sarà dura continuare tutto da lunedì quando il lavoro riprenderà a (quasi) pieno ritmo.

Ma oggi è il compleanno di Ryosuke, del mio otto, del mio 8, del mio 夫. E anche se sono le 22.40 e lui e’ ancora in ufficio a Shinagawa, anche se dal momento in cui uscirà di lì gli ci vorrà un’altra ora e mezza prima di arrivare e anche se facendo un veloce calcolo arriverà a casa che il giorno del suo compleanno sarà già finito, io gli preparo la pasta mari e monti, quella con un buon profumo di rosmarino comprato fresco nel pomeriggio al supermercato e infilzerò le due candeline grandi e sette piccole nella roll cake alla frutta che è la sua preferita.

*夫 (おっと)significa “marito” in giapponese e si pronuncia proprio “otto”, come il numero in lingua italiana.

** In foto alcune persone che ho visto ieri a Nakameguro e la Gigia tra le scarpe di Ryosuke, stamattina, nel momento in cui stavamo per uscire.