festa dei bambini

Nelle mani degli dei

   C’è un grande fervore nei templi da qualche settimana. Attraverso i lunghi viali alberati che portano ai templi, salgo le scalinate di pietra in un cammino impreziosito dal rumore croccante delle foglie secche. L’autunno in Giappone ha le tinte marroni e rosso fuoco dei momiji, dei ciliegi che diventano ambra, dei ginkgo che dai disegni dei bambini rubano del sole il giallo acceso.

   Sono kimono sgargianti e creature goffe nei movimenti e dal passo incerto. Procedono con una solennità che quasi non mi spiego. Ricordo la comunione mia e di mia sorella e soprattutto la preparazione a quell’evento che sottintendeva una fede acerba – mai invero, in me, sbocciata – e la preoccupazione attenta della famiglia, di mia madre soprattutto. Un coro di adulti che sembrava cercare di accertarsi del fatto che noi due bambine fossimo coscienti dell’importanza di quel giorno.
Ma io ero già un po’ più grande mentre invece questi bimbi hanno solo 3, 5 o 7 anni. 七五三shici-go-san. Tre, cinque, sette. Non di più e non di meno.

   La simbologia del colore vuole tinte più scure per il kimono dei maschietti e colori più vivaci per quello delle femminucce. A volte portano ai piedi scarpe da ginnastica che svelano tutta la difficoltà dell’età e la clemenza che i genitori usano a discapito della tradizione che vuole ai piedini gli zori.
Resto incantata a guardare gli occhi, enormi ed espressivi, di questi piccini. E la nuova macchinetta che non ha un potente zoom ma una lente che mi permette di fare foto anche quando è nuvoloso, piove o cala la sera, ha scattato scene di piccola delizia.

   Non è raro vederne uscire dalla stazione circondati da uno stuolo di eccitato parentado. In prevalenza genitori e nonni. I bambini più grandi parlano, rintuzzati dalle domande degli adulti, orgogliosi dell’attenzione che cola come oro su di loro.
   I più piccoli invece a volte sono come imbambolati, immersi come dita in una tasca, nella solennità di quegli abiti che li cingono e che probabilmente richiedono (e permettono) loro una gamma diversa di gesti.

   E con delle sonore secchiate d’acqua che ci consegnano l’autunno e la sua fine esattamente come accade con la primavera – che si ciba di sole quanto d’acqua – è iniziata a Tokyo la scorsa settimana. Martedì mattina mi sono affrettata verso il lavoro che, invece, non c’era. Sono distratta in questi giorni. La vita ha il fiato corto e penso sempre di dovere. Così, elettrizzata da una mattina divenuta d’un tratto tutta mia, ho preso un treno, un autobus e sono finita in una zona di Tokyo che avevo visitato una volta sola.
Mi sono diretta verso il grande tempio del quartiere e così, con una mano stretta a sostenere l’ombrello e l’altra la macchinetta fotografica, ho visto una bimba tutta eccitata nel suo kimono rosa e suo padre a rincorrerla per difenderla dall’acqua. Sembrava danzare la piccina. Il suo fratellino dietro di lei camminava composto nel suo kimono nero ed oro.

   Ma poi ha cominciato a piovere più forte e i grandi sono diventati i piedi dei bambini. Li hanno presi in braccio e tenuti al riparo sotto il proprio ombrello.
Nell’ultimo scatto, che amo più di ogni altro, ci leggo l’augurio di crescere forti, di mettere radici in questo mondo, di amare ed essere amati e di diventare adulti che conoscano il coraggio e la pietà.

   Nel giorno che celebra i loro tre, cinque e sette anni, che si preparino a entrare in questo mondo complicato. I passi degli adulti, pero’, li guideranno anche dopo i sette anni, anche dopo che la divinità avrà aperto i palmi e li avrà lasciati andare.

   「七つ前は神のうち」recita un detto giapponese che spiega come “prima dei sette anni (i bambini) sono tra le divinità”.
‘In the hands of the gods’ traducono in inglese.
Nelle mani degli dei
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Nei giorni dell’inquietudine il segreto è cadere nel cliché

Nei giorni dell’inquietudine il segreto é cadere nel cliché: guardare cose belle, dirsi frasi sagge, parlare di banalità.

E tutto, intinto in un po’ di bellezza, riacquista la gioia che gli spetta.

La primavera giapponese, mai come quest’anno, è stata ricca d’acqua e di ritorni.
L‘acqua è quella piovana, di cui cariche sono le nuvole che vi passano sopra. E i ritorni sono quelli delle cose che dai luoghi del disastro del Tohoku dello scorso anno sono stati rinvenuti sulla West Coast degli Stati Uniti ed ora si preparano ad un viaggio all’inverso.

In Giappone si dice che maggio sia il mese in cui il verde è più bello, più intenso. E benchè sia appena cominciato, forse complici le piogge, la natura sembra brillare e il verde fa male agli occhi tanto spicca sugli altri colori.

La pioggia a Tokyo dona. Lo penso da sempre.

E se ieri in Giappone è stato il “giorno del verde” 「みどりの日」- che inneggia a questa splendida natura bistrattata a cui bisognerebbe dare tanto più retta – oggi è il “giorno dei bambini”  「こどもの日」 e si prega perchè i bimbetti crescano forti ed in salute.
Si mangiano i kashiwa-mochi 柏餅 ricoperti da una foglia di kashiwa (quercia giapponese) la cui caratteristica è quella di non perdere le vecchie foglie finchè non siano usciti nuovi germogli. Ed è tale motivo che rende questa pianta simbolo di continuità e vigore famigliare, dolce perfetto per una festa come quella di oggi.

La Golden Week volge al termine ma il bilancio è al momento pieno di colore. Come le meravigliose carpe, i koinobori, che abbiamo visto oggi alle pendici della Tokyo Tower a Minato-ku, mentre sulla strada sfilavano centinaia di persone tutte prese da una manifestazione contro il nucleare.

E se capiteranno, talvolta, giorni dell’inquietudine farò in modo da cadere nel clichè.

Riguarderò queste foto straripanti di colore, riavvolgerò all’infinito i video girati tra il parco del tempio Zoujou-ji e il quartiere di Toranomon 虎の門, mi ricorderò dei baci di Ryosuke, del braccio che mi cinge sempre senza alcuna vergogna, dei proverbi giapponesi che mi insegna lui ed un libro ricevuto in dono anni fa, sfoglierò il mio inseparabile dizionario dei sinonimi e contrari e nel ricordare parole che non sono più abituata ad utilizzare, sono certa starò meglio.

*In fotografia (1, 4) i cagnetti e i loro padroni al parco di Inokashira, una domenica pomeriggio, (2) Roppongi nella pioggia di giovedì quando con i suoceri siamo andati a vedere il folle film “Thermae Romae” e (3) decine di carpe al vento, tra l’azzurro del cielo in cui si agitavano e le basi scarlatte della Tokyo Tower.

Della spiritualità e dei "koinobori"

Oggi, tornando a casa a piedi, ho allungato il giro, per il puro piacere di sentire il tempo. Di ogni passo che significa qualcosa e diviene collezione di un’immagine, di un prufumo.

Ed è proprio attirata dal profumo intenso di peonie che mi sono avventurata in un piccolo tempio. Per poi scoprire che era la residenza dei monaci e che il tempio vero e proprio era a uno o due edifici di distanza. Annuso a lungo il bianco, il rosa e il fuxia dei fiori le cui corolle sono sparse qui e là a terra e a prenderle in mano occupano un palmo intero.

Accanto vi è una stazione dei pompieri. E’ il rosso dei camion e il suono squillante delle voci maschili che si rincorrono tra il primo e il secondo piano della struttura. Oggetti dall’utilizzo misterioso, guardo e non capisco.

Vado ancora avanti e sulla sinistra noto un minibus parcheggiato che, sul retro, è in fase di manovra. E’ per far scendere un anziano in sedia a rotelle che ha il viso completamente perso nell’eta’ e nella malattia. Un grumo nero sotto il naso e gli occhi fissi davanti a sè. Distolgo lo sguardo perchè mi sembra di rubare. E lo strazio del corpo e del cuore sono di chi li possiede e di chi si vuole li condivida con sè. Di nessun altro.

Oggi, tornando a casa piedi, mi sono fermata a pregare. 

Ho atteso che la vecchina che lentamente mi precedeva salisse i gradini di legno, lasciasse il suo carrellino a meta’ strada e raggiungesse il luogo di preghiera sui suoi piedi.
E intanto preparavo monetine color bronzo da gettare tra le fessure che accolgono le preghiere della gente.
Inchini e battiti di mani e palmi giunti e occhi chiusi.
Perchè il mio desiderio si avveri e mi faciliti discese.

C’è bisogno di spiritualità a questo mondo.

Sono giorni di vacanza, intervallati da altri di lavoro. Facendo a zig zag tra il piacere ed il dovere la Golden Week e’ iniziata e continuera’ per altri sei giorni.

Ed ecco che questo maggio pieno di colori si rivela attraverso le sue feste. Sono due settimane circa che colgo fuori dai balconi delle case e nei cortili delle scuole i koinobori, le carpe di stoffa colorate che s’agitano al vento.

Una antichissima leggenda cinese racconta che una carpa, risalendo le fortissime correnti di una cascata, si tramutò in un dragone. Gli crebbero due corna sulla testa e divenne una creatura florida e potente.

La leggenda giunse in Giappone dove le famiglie dei samurai e dei mercanti iniziarono ad allestire i koinobori per pregare per la buona crescita dei figli maschi della loro stirpe.

Che i bambini crescano forti e in salute come carpe. 
Che risalgano la corrente e si facciano strada nella vita.

Delle bambine, delle bambole, dei dolcini e di altre meraviglie

Quando nacque la sorella di Ryosuke, la madre di mia suocera venne nel Kanagawa dalla prefettura di Oita nel Kyushu e, insieme alla figlia, andarono ad acquistare la collezione di bambole per lo Hina Matsuri, la Festa delle Bambine che in Giappone si festeggia il 3 marzo di ogni anno.

Una tradizione tutta femminile che vuole che sia la famiglia della madre della bimba a caricarsi dell’onere dell’acquisto.

Una collezione splendida invero che spicca per il suo volume. Un angolo della casa viene ad esso dedicato e, nel nostro caso, essa è stata allestita nella stanza del tatami che, più di ogni altra, conserva un’atmosfera tipicamente giapponese.

Ieri, uscendo con carissimi amici che non incontravamo dal nostro matrimonio, abbiamo notato in pasticceria splendidi dolcetti, biscotti, torte e tortine in tema.

I giapponesi vanno pazzi per tutto ciò che è di stagione, amano gioire ed assaporare il momento, quello che sfugge via l’attimo successivo.

E il marketing segue di passo passo questa passione.

Passeggiando a lungo per Kita-Kamakura ci siamo imbattuti in una splendida giornata di sole e in un piccolo museo dedicato proprio alla festività dell’Hina Matsuri.

Oltre all’esposiziozione di bambole antichissime e più recenti vi erano tantissime 「つるし雛」 ”tsurushibina”, un altro splendido oggetto che tradizionalmente si appende ai lati dell’allestimento delle bambole dell’Hina Matsuri (3 marzo).

Si tratta di lunghe cordicelle cui sono appesi più e più oggetti di stoffa cuciti a mano, ognuno con un proprio distinto significato.
Tra i vari la “pace”, l'”abbondanza”, la “ricchezza”, la “salute” etc.

Trovo queste ultime particolarmente belle e nei negozi di artigianato tradizionale se ne trovano anche di stagionali. Frequenti sono i gattini accompagnati da piccoli oggettini di stoffa che rappresentano momiji, fiori di ciliegio, ghiande etc.

Un bel souvenir da regalare e regalarsi durante un viaggio nella terra del Sol Levante e da appendere, una volta tornati a casa, in qualunque luogo si voglia della propria abitazione.

(to be continued…)