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"Sarà occupato" o della clemenza giapponese

Esistono luoghi da cui non potrei più staccarmi. Le stradine di Kichijoji, il tratto in bicicletta che mi separa dall’università, la panetteria aperta dalle 6.30 della mattina, alcuni caffè di Shinjuku, dei tratti della Yamanote e della Tozai-sen, la libreria di Kinokuniya e quella – piccina – dentro alla stazione.

Poi ci sono gli oggetti, le cose. La Suica che mi fa scorrere veloce oltre i tornelli della metro, alle casse dei negozi, la tavoletta riscaldata del bagno, il kotatsu, la sensazione del tatami sotto alle piante dei piedi.

Poi ci sono delle parole. Le formule di saluto, di ringraziamento che riempiono spazi vuoti che non mi fanno sentire mai a disagio. Ma ancor prima delle parole ci sono i modi di pensare. Di reagire.
Uno di questi e’ quello che recita il titolo.

Quando non si sente qualcuno per un po’, non si ricevono notizie, email, contatti, i giapponesi tendono ad ipotizzare: “Sarà occupato” 「忙しいんだろうね」. E non si accusa, non ci si offende. Non ci si arrabbia.
Mancanza di interesse? Affatto. La chiamerei piuttosto presa di coscienza dei ritmi, dello scorrere del tempo che è diverso per ognuno di noi. Come differente è il modo di rapportarsi all’altro. Da queste parti non si salta tanto facilmente alle conclusioni. Le si sospende. E si aspetta che il reale ci fornisca le risposte.

Se un amico non si fa sentire probabilmente “sarà occupato”. Non e’ che “machebastardomancoun’emailvediselochiamoiolaprossimavolta” o “stinfamonechiamasoloquandoècomodoalui” etc. ^^;

Una volta una simile reazione – all’inverso – mi avrebbe fatto sentire sola, poco considerata, poco amata. Perchè nella passione italiana del “dopo” che sa persino precedere il “prima”, avrei decifrato il silenzio, la mancata insistenza come assenza di reale interesse e avrei letto un eventuale messaggio successivo ad un lungo periodo di assenza come una forma di mal celata ipocrisia.

E invece, a distanza ormai di tanti anni di vita giapponese, scopro che qui è abitudine non insistere se l’altro non si fa sentire. Lo si immagina occupato, magari solo preso da altro, impossibilitato praticamente o mentalmente ad occuparsi della corrispondenza, degli incontri. Perchè capita che la testa sia piena. E scrivere anche solo un’email costi fatica.

In questi mesi in cui il mio unico passatempo è stata la cura di questo blog e della pagina fb – dedicando tutto il resto allo studio, al lavoro e a cose importantissime da raggiungere con la punta delle dita – ho riflettuto su quanta impazienza governi i rapporti.
Alcuni sopravvalutati per leggerezza, altri per troppa speranza, altri ancora per una mia incapacità di gestire virtualmente ciò di cui non ho mai avuto pratica esperienza, si sono persi. E la cosa non mi stupisce. Forse, persino, mi restituisce una sorta di serenità.
Perchè accadrà ancora. Che sarò occupata. Che non mi farò sentire per mesi. E so che le persone importanti, italiane e giapponesi che siano, resteranno. E che chi andrà via, probabilmente, non c’è mai davvero stato.


* In fotografia uno scorcio del fiumiciattolo che scorre accanto all’universita’ e che in questi giorni si è ghiacciato (1), il passaggio tra Kagurazaka e Iidabashi, il fiume Kanda (2) e il monte Fuji, in uno scorcio serale in cui il cielo va dal blu all’arancio (3).