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L’abito rosso e l’età di Shibuya

Un appuntamento a Shibuya per parlare con una persona, che poi sono due, ma questo è il bello degli estranei. Si moltiplicano, per diventare in breve – parimenti – conoscenti.
Si chiacchiera davanti a un cappuccino da Segafredo e scopro cose che ignoravo, modalità di vita così lontane dalla mia e, allo stesso tempo, incredibilmente affascinanti.

Abito rosso, il mio preferito in questi giorni. Lo stesso che ho indossato quando ho fatto ritorno a Tokyo, a tre giorni dal terremoto. Ero sbarcata da poche ore all’aeroporto di Roma, mi attendeva un piccolo soggiorno nella capitale e una vacanza più lunga a New York.
Non ce l’avrei fatta, l’ho capito al’istante. Così il giorno successivo ho cancellato tutte le prenotazioni, albergo e aereo, e due giorni dopo ero sul volo Alitalia per Tokyo. Ritorno anticipato, nessuna penale. Un telefonista adorabile dall’accento brasileiro, che si è persino commosso insieme a me, ha cercato in tutti i modi di aiutarmi.

Sono le perle che ti mettono in pace con il mondo. Sono collane da mettersi al collo quando si teme che tutto vada a scatafascio.

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L’abito rosso, dicevo. Perchè ci vuole intensità, c’è bisogno di colore. E, in questo momento, in cui da Segafredo, solitamente colmo di stranieri, non si vedono che un paio di occidentali, c’è bisogno di spiccare. C’è, in tutto ciò, l’orgoglio delle scelte che, siamo d’accordo, potevano essere anche azzardate. Se è andata bene fino ad ora è soprattutto per una questione di fortuna, una fortuna che forse è qui a compensare la tragica sfortuna di uno tsunami e di un terremoto di dimensioni imprevedibili.

Ma poi c’è anche la fiducia, che è creatura delicata e va protetta.

Rosso pesce, rosso d’acero, rosso lacca.

Quanta gente a Shibuya stasera. Fa bene al corpo guardarla sbraitare nel dialetto delle ragazzine, vestita nei modi assurdi che la contraddistinguono, nello strascicare di uomini e donne verso il pachinko che vi restano le ore, incantati, dalle biglie e dalle luci.

L’età media non c’è per chi transita al suo interno. E’ giovanissima Shibuya, nuova di zecca, oppure è consunta e imbevuta di stanchezza.
Il vestiario, lo si nota, è già mutato. La curiosità di lanciare un’occhiata all’interno di Ichi-Maru-Kyu 109 e vedere in cosa esattamente la moda sia cambiata è notevole ma sono quasi le 18.00 e ultimamente, per i vari black-out, i supermercati dentro alla stazione chiudono a quell’ora invece che alle 21/22.

E quindi, tutti a casa a cucinare!