Collaborazione, per favore

Notizie contrastanti e schizofreniche. Si parla dell’esagerazione dei quotidiani italiani e vi si oppone la minimizzazione delle fonti governative giapponesi, come se a un eccesso in un senso debba necessariamente essere opposto uno in un altro. Non sempre in medio stat virtus.

Io credo nella NHK, in quei tecnici che stanno dando la vita per riparare il guasto alla centrale, nella gente di Tokyo che continua a lavorare, ad andare nei caffe’ a chiacchierare, nei bimbi che girano per strade con le mamme e in mio marito che resta in azienda ogni giorno fino a tardi.
Non mi perdonerei mai di aver lasciato questo popolo di cui mi sento fortemente parte per dei se e per dei forse. Tutti ce la stanno mettendo tutta intorno a me, in un modo che potrebbe commuovere se non fosse che e’ cosi’ giusto, ovvio e naturale da queste parti.
Si fa il tifo e si prega per la buona riuscita della situazione e nel frattempo si conduce la propria vita di sempre, nei limiti del possibile.

Oggi sono uscita tardi. Sono andata in bicicletta fino al parcheggio delle bici dove il vecchietto che indica i posti liberi in cui inserirla mi ha sorriso un po’ di piu’. Cosi’ come il vecchio poliziotto che stasera, quando sono andata a riprenderla, faceva la ronda per le stradine di Kichijoji.
Nel pomeriggio i negozi erano aperti, il banchetto di frutta e verdura su Nakamichi mostrava i suoi prodotti. C’era tanta gente in strada, aveva riaperto anche lo Starbucks.

Era in piena attivita’ anche il grande magazzino interno alla stazione. E di prodotti negli scaffali, come sempre, ce ne erano sin troppi.
I treni sono arrivati in orario e, come si puo’ notare dalla fotografia qui sotto, partivano ogni tot minuti.

Solo quando sono giunta a Shibuya mi e’ arrivata una chiamata di mio marito che mi avvertiva che gli avevano suggerito di tornare subito a casa a causa di un diffuso black out che avrebbe interessato la zona di Tokyo. Ho fatto giusto in tempo a godermi una vista della piazza di Shibuya con gli schermi spenti ma colma di gente e sono andata al terzo/quarto piano della stazione dove ho trovato un affollatissimo Starbucks. Attesa di qualche minuto, ordinazione di un miscuglio di cioccolato e caffe’, un macaron fatto di mashmallow (?) e qualche riga di un libro che ho acquistato in Italia.

Neanche 5 minuti che le commesse di Starbucks iniziano a girare tra i tavoli per avvertire i clienti del possibile black out, consigliando di tornare il prima possibile a casa onde evitare di trovarsi bloccati in stazione. Alcuni si alzano e vanno via, altri restano come nulla fosse.

Dopo venti minuti ho appuntamento sotto ai tornelli con Ryosuke, che nel frattempo e’ arrivato in Yamanote da Shinagawa. Ci affrettiamo ma non troppo. Aspettiamo il treno successivo perche’ vogliamo sederci e la gente e’ davvero troppa. Meno male che dicono in Italia che Tokyo e’ deserta…. magari lo fosse, altroche’! ^^
Arriviamo a Kichijoji e molti negozi, in vista del black out, stanno chiudendo. Corriamo a prendere le medicine per l’allergia al polline di Ryo e ci avviamo verso il nostro ristorantino preferito di tempura. Cena ghiotta. Pancia piena.

Tornando osserviamo i cartelli appesi sulle porte o sugli scaffali dei negozi che avvertono dell’aggiornato orario di chiusura e dello sforzo nel consumare meno energia elettrica possibile e chiedendo, per questo, la collaborazione e la comprensione da parte di tutti.


La mia reazione e’ strana. Mi trovo a storcere il naso, piuttosto, al ristorante nepalese che pompa elettricita’ nello schermo (dove la signora del negozio continua a danzare scalmanata a ritmo di una melodia del suo paese) e nei cartelli sulla strada, illuminandoli quasi a giorno.
Collaborazione, per favore. Collaborazione

Misurando, ponderando

Tokyo non brilla.
Il black out auto-imposto è un altro indizio. Ieri ho visto per la prima volta Shibuya “spenta”. I maxi schermi non erano funzionanti e i negozi avevano eliminato le insegne innecessarie. I grandi magazzini sono rimasti chiusi per evitare il consumo eccessivo dell’elettricità e intere zone di Tokyo e limitrofe, secondo un calendario aggiornato d’ora in ora, subiscono un’interruzione energetica. I genitori di Ryosuke hanno vissuto la serata a lume di candela.

Non sono riuscita a rimanere troppo a lungo sola a casa. Le notizie in tv sussurrano un dolore insopportabile benchè assolutamente misurato delle popolazioni colpite dallo tsunami. Anzi, proprio perchè controllato fa più male.

Pian piano emergono storie personali: un collega di Ryosuke originario di una delle cittadine totalmente spazzate via dallo tsunami, la macchina targata Sendai che continua a portare oggetti e persone nell’appartamentino al primo piano del nostro palazzo e che ha l’aria di un trasloco senza cose, arrangiato e ultimato in fretta e furia, anziani che indicano appartamenti di gente che ha perso qualcuno nel disastro, passaggio di notizie nella metro.
Tokyo ha gli occhi tristi. Ma non piange.