La felicità ha un luogo?

Marc Augé si domandava “La felicità ha un luogo?”.
E io mi rispondo. Sì, ha un luogo.
“La felicità individuale è intensa e fragile; essa passa attraverso la coscienza improvvisa di esistere”.
In certi luoghi, qui, io esisto. Esisto improvvisamente. Pienamente.

La cura del cuore richiede segreti

心 ‘kokoro’ è il cuore e in giapponese la cura del cuore richiede segreti.

Un’espressione che spiega bene l’importanza della manutenzione di #kokoro e di quanto il segreto sia importante è “yutori ga aru”
ゆ と り が あ る dove “yutori” è lo spazio, il tempo, la libertà e l’agio nella gestione di entrambi e “ga aru” significa avere, esserci, possedere.

“Yutori ga aru” spiega bene il senso di tranquillità che proviene dal non essere stretti né di spazio né di tempo, potendo decidere la modalità di gestione di ogni cosa.

Questo concetto ha molti punti di contatto con la necessità di serbare informazioni di cui non si mettono altri a parte.

“Yutori ga aru” è allora stare larghi nel sentire, lasciarsi da parte piccoli ritagli di tempo, scampoli di spazio da sfruttare quando la vita ci stanca. Significa, per esempio, lasciare in frigo, avvolta nella pellicola, l’ultima fetta di torta, in archivio l’episodio di una serie tv che ci rigenera il venerdì sera, un’ora segreta della mattina – mentre magari il neonato ci dorme accanto – in cui leggere il capitolo di un libro amato, avere un’ora per andare in un caffè a rilassarci.

da Laura Imai Messina. “WA, la via giapponese all’armonia” (Vallardi , 2018)
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*bellissimo scatto di Hachiya_san a 藝妓街 祇園四条

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Ciò che non si dona, si perde

Se esco passeggio. Sono spesso struccata, indosso abiti senza raccordo. Il cappello, la mascherina, il cappuccio.
Poi mi accorgo che manca l’occhio dell’altro o meglio, l’allineamento. Perchè a Tōkyō la gente parla dell'”elegantissima Europa”, degli italiani che sono maestri di stile, ma ignora la forza della propria bellezza. Sono uomini e donne estremamente curati, che è un piacere guardare.
Anch’io ho sempre amato curarmi. Accarezzare le ciglia, approfondire lo sguardo, spalmare marmellata beige sulla faccia.
E allora ho deciso che ogni giorno – per quanto sia il mare il mio solito interlocutore, gente che corre, strade anche semi-deserte inzuppate di notte – ecco, ogni giorno io mi trucco, mi vesto bene.
Non ho da risparmiare per un tempo che verrà. Perchè, in fondo, che ne so se verrà veramente?
Non risparmiare mai nulla. Perché ciò che non si dona si perde.
Lo credo per la scrittura, lo credo anche per la materialità delle cose.
E che meraviglia, dopo una giornata tutta trascorsa davanti al computer, uscire.
Sentirsi, anche per sbaglio, un po’ bella.

Il bello nel brutto

E’ un gioco imbattibile.
Quello di seguire la realtà, vedere cosa succede quando accade qualcosa di storto. Un piccolo incidente che scombina tutto.

In casa non trovo mai niente, impiego ogni volta buoni dieci minuti (nei casi più lieti) per recuperare il necessario e uscire. Talvolta persino rinuncio. E poi inciampo, rompo piatti per sbaglio, corro verso appuntamenti nel futuro di una settimana successiva o (per fortuna più di rado) precedente.

Eppure ogni volta che accade, aspetto. Aspetto a disperarmi perchè faccio il gioco del vedere cosa accade di inaspettatamente bello grazie a quello scardinamento dell’abitudine (tanto ossessiva in me).


Una volta un treno fermatosi per un semaforo guasto mi fece notare orme di gatto sulla facciata. Caduto un piatto, raccogliendo i pezzi, scoprii un cucchiaio amato sotto il frigorifero. In cerca di un vocabolario inghiottito dalla libreria ritrovai un lbro che avevo cercato disperatamente per giorni. Volato via un biglietto per strada, mi imbattei in questo bellissimo distributore automatico.

E così anche oggi che ho rovesciato il latte. Non ci ho pianto su. Ma ho finito la carta, sono andata a comprare la carta, e ho incontrato per caso per strada una persona che non vedevo da settimane. E sono stata felice di salutarla.

Il bello nel brutto. A guardarla bene, la vita va sempre così. ❤

Misuro la stanchezza

Misuro la stanchezza dal grado di benessere che provo nel sistemare la casa.
Più è ordinata, più interiormente sono disordinata.
Mi fisso sui dettagli, li lustro. Passo e ripasso la perfezione che resta lì, all’esterno.
In foto, la mia cuccia, per weekend sola in casa e nuvole fuori.