「音風景」 o del patrimonio sonoro del Giappone (上)

Che rumore fa un mare di ghiaccio che si spezza in migliaia di frammenti? Basta recarsi nell’est dell’Hokkaido tra la fine di gennaio e la metà di marzo per udire la melodia di cristalli che cozzano tra loro, lo stridere e sbriciolarsi delle banchise che dalla Siberia calano nel Mare di Okhotsk. È vita brulicante di plancton che danno infinito nutrimento alle creature di quell’ammasso rigoglioso d’acqua.

DSC01223Quale la voce dei gabbiani dalla coda nera che abitano l’isola di Kabushima nella Prefettura di Aomori, che ogni anno in maggio si fa brillante del giallo intenso dei fiori di colza? In giapponese vengono chiamati ウミネコ/umineko/ (ovvero, letteralmente, “gatti di mare”) perchè producono un suono simile ad un miagolio che, curiosamente, in giapponese somiglia tanto all’onomatopea che attribuiamo invece in italiano a questo animale: 「ミャーオ、ミャーオ」 /miaao miaao/. E a giugno, quando si schiudono le uova covate tra aprile e maggio, l’isola tutta, nella scalinata preceduta da torii scarlatti che conducono al Santuario di Kabushima, si riempie di piccoletti dal passo esitante.

/Riiin riiin riiin/ 「リイーン」canta l’insetto suzumushi che nel suono s’avvicina al vibrare lieve d’una campanella. La gente di Miyagino nella Prefettura di Miyagi protegge da sempre questo insetto, caro nell’immaginario dei giapponesi fin dall’Epoca Heian e citato finanche nel Genji monogatari con il nome di「鈴虫」 ovvero letteralmente “insetto-campanella”. Basta tendere l’orecchio nelle notti d’autunno per avvertire la melodia delicata della sua voce.

DSC01657Chissà poi che meraviglia sentire il vento attraversare la banchina del treno in arrivo alla stazione di Mizusawa nella Prefettura di Iwate dove, dal primo di giugno al trentuno di agosto, al soffitto vengono appese 1500 campanelle 「風鈴」/fūrin/. Ad udirle, nello scintillio picchiettante di quel「リーン、リーン、チリリーン」 /riin, riin, chiririin/ che dura da cinquantatrè anni, si avverte il trascorrere stesso dell’estate, della rara tregua che offre.

Nel 1996 è stato annunciato dal Ministero dell’Ambiente giapponese un bando nazionale per la raccolta di paesaggi sonori. Accadde all’indomani del Terremoto di Kobe che fece migliaia di vittime, dell’attacco terroristico a Tokyo con il gas sarin che sconvolse milioni di persone colpevoli d’essere intente semplicemente nella propria routine, in un periodo di profonda insicurezza per il paese che si trovava ad affrontare una crisi e insieme la volontà di conservare e preservare la memoria di certi luoghi e delle sensazioni tessute fitte fitte nella trama di quei posti.

DSC01650Ne vennero selezionati 100 ed ora il Giappone possiede 100 「音風景」 /otofūkē/, ovvero “paesaggi sonori”

Quando tutto si svela nella sua labilità, nella contingenza assoluta delle vite, nella friabilità dei paesaggi urbani e naturali, delle case che nascono per proteggerci e finiscono per ucciderci, chi resta esiste nel desiderio di resuscitare lo spirito dei luoghi, di riconoscersi negli spazi che si amavano e che, sparendo, li hanno traditi. Tutto quanto viene “dopo” è impregnato del passato più di quanto non dovrebbe, più di quanto non è fatto un normale presente. E il rimando a ciò che era e non è più, è un continuo patimento.

È dolce allora riscoprirsi solidi nelle radici, resistenti nell’amore e non nell’odio, per i paesaggi che abitiamo ma che, nonostante l’illusione politica dell’uomo, nessuno di noi possiede veramente. È un continuo prestito la terra, così le città e i paesi che abbiamo costruito.

Si vive come sassolini sul fondo di un fiume, trascinati dalle correnti, dai mulinelli che sconvolgono la disposizione delle cose, in balia d’un qualche cambiamento che interviene e cambia tutto. Basta un forte temporale perchè l’acqua straripi dal suo letto e mieta non vita bensì morte.

Dopo ogni disastro si raccimola il recuperabile, consapevoli in fondo che la natura non ha colpa. Esiste, vive anch’essa e si muove senza sosta, e talvolta ha bisogno anzi di scrollarsi di dosso il peso di millenni, di riaggiustare le fondamenta di questo mondo infestato d’esseri umani.

Ma ecco che, nonostante tutta questa insicurezza del vivere, nel suono ci si riesce a ritrovare. In questa lista di cento passaggi sonori del Giappone, catalogati e separati in tre unità –〈生き物の音〉 /ikimono no oto/ “suoni di esseri viventi”, 〈自然の音〉 /shizen no oto/”suoni della natura”, 〈生活文化の音〉 /seikatsubunka no oto/ “suoni della vita culturale” – c’è ad esempio anche il rintocco di certe campane, il macinare metro su metro di un piccolo treno delizioso che ferisce una vallata o le onde che si frangono sulla battigia di Enshūnada nella Prefettura di Shizuoka

DSC01648「コツコツ」 /kotsu kotsu/ canta il legno intagliato dalle abili mani degli artigiani di Inami nella Prefettura di Fukuyama che nel sottrarre riccioli e nel levigare aumentano il volume di sculture la cui arte risale la corrente di più di seicento anni; ci sono i giochi d’acqua sul fiume Yoshidagawa a Gujō nella Prefettura di Gifu, in cui si gettano i bambini andando a formar pose che l’iconografia del salto riconosce e benedice, le ginocchia piegate all’indietro, le braccia alzate in abbandono. Il suono da preservare, per la gente che abita quei luoghi, non è tanto quello dell’acqua che si schianta, ma quello delle grida dei bambini un attimo prima di lanciarsi: 「えいっ」 /ei/.

Penso allora che sarebbe bello che ogni frazione stilasse la propria lista di paesaggi sonori, che anche nella nostra Italia che trabocca di bellezza le persone inviassero lettere a suggerire scorci di minuti borghi, di quel vicolo dei baci attraverso cui strilla il vento a Taormina, il ruminare delle mucche in campi battuti dal sole, lo sciabordio delle gondole a Venezia, una collinetta anonima a tutti dove saltano dei grilli, rovi pieni di more e mirtilli che uccellini cinguettanti vanno a beccare, le campane domenicali di certi paesini arroccati sul nulla, la pioggia quando scivola dai tetti in un angolo di Piemonte o di Liguria, l’eco da soprano o da tenore di certe vallate. Penso ai piccoli centri, soprattutto, dove la cura del pubblico e privato sembrano avvicinarsi più di quanto non accada nelle grandi città che sono di tutti e, per questo, troppo spesso di nessuno.

DSC01222Penso ancora, e tanto più in questi giorni, a voci silenziate per sempre, al rumore di passi su stradine ora ricolme di macerie, cinguettii di bimbi dal rettangolo d’una finestra spalancata, sussurri d’amanti e parole gridate in litigi pieni di passione. Ecco, mi sembra di vedere la signora del bar che sbatte le tazze traboccanti di latte e caffè sul ripiano di marmo, le vetrine di negozi lucidate adagio adagio con una pezzetta dai commessi, mentre il sole prende alle spalle e acceca loro ed i passanti nel riflesso.

Immagino tutto questo sbriciolarsi e nel palmo restare solo pezzetti di quanto è stato, granelli di pane con cui cercare spesso invano di trovare un viottolo scalcinato che conduca verso casa, come Hansel e come Gretel che, in fondo non erano che bambini spaventati, desiderosi solo di tornare tra le braccia del padre.

Un paesaggio sonoro forse può riuscirci. A preservare la memoria di certi scorci, a impegnarsi perchè resistano nel tempo, a riportare a casa un cuore spezzato e a ricucirlo, pezzo dopo pezzo.

*Testo di riferimento:

環境省/選、一生に一度は行きたい『日本の100音風景』、2014年、小学館