Un nuovo nome

Ieri pensavo al peso specifico del nome quando lo si pronuncia. A quanto sia bello posare le labbra su ogni sillaba, l’impronta digitale nel suono.
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Consonanteconsonantevocale doppiaconsonantevocale consonanteconsonantevocale.
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La familiarità non è il diminuitivo (né il vezzeggiativo) è proprio l’eco del nome originario, quello che mi ossessiona perché è il primo dono e insieme la prima imposizione che ci porta nel mondo.
E mentre scrivevo il romanzo ripercorrevo il ricordo di persone nella mia famiglia che da adulte hanno cambiato all’anagrafe il proprio nome perché non gli piaceva, altre che hanno finto di divorziare solo per recuperare il proprio cognome, ricordavo il sacrificio di Ryosuke nel prendersi sulle spalle anche il mio cognome per fare felice mio padre, nella mia gioia nell’inglobare il suo nel mio, nel regalarlo compatto ai due bimbi che accudiamo insieme.
Ed è bellissimo accogliere nuovi nomi nella propria vita, nuove persone. Applicare a un nome anche comune quel volto specifico, quella voce.
E per ognuno che dice «Laura» io un po’ mi emoziono, che sia un uomo o una donna non cambia. Perché la pronuncia è diversa. E perché, a mia volta, posso tenere nella bocca le sillabe del nome di un’altra persona.
Così ognuno, nella mia mente, si spezza in più volti. E ognuno ha la sua storia.
Mi piace da matti questa cosa, per cui condividiamo in milioni il medesimo nome. Persone diversissime per età, provenienza, carattere, tratti del volto. Individui che si voltano tutti insieme se pronunci una sola parola.
«Laura?»
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📷 Gregory Colbert, fotografo da sempre amatissimo.