detto giapponese

Per tre giorni di freddo, quattro di caldo. La primavera arriva così.

Pioggia sottile, tanto che non sai se spalancare o meno l’ombrello.

Ieri su Tokyo un cielo plumbeo. Dei tanti ombrelli che ho visto, uno. Di una ragazza che saliva la scalinata che porta al parco di Ueno. A punta, come il cono di un gelato. Ma blu, come il cielo che segue al tramonto e che sfrutta ogni inezia di luce.

Un bel giro dal parco ai templi, da Saigo Takamori alla strada. Insieme a due amici e a due regalini che arrivano dritti dritti dall’Italia e dalle mani operose di lei. Che meraviglia ricevere qualcosa che manifesta in sè non solo sostanza ma tempo.

Camminiamo chiacchierando, aprendo e chiundendo gli ombrelli. Cerchiamo la primavera e troviamo pruni, persino ciliegi. Manca ancora un po’. Ma poco.

Un uccellino che saltella sui rami di un pruno in fiore, un gatto grasso e senza coda che corre a ripararsi sotto alle basi del tempio, una cornacchia forse malata appoggiata a quella sorta d’arciere di pietra posto alle entrate dei templi, una fila di gabbiani accovacciati sulle impalcature alle spalle di un ciliegio, la coda nera e sinuosa d’un altro gatto che s’infila furtivo nella fessura tra due edifici vicini alla stazione di Ueno: sono tanti gli animali che abitano la città e chi mi sta accanto mi riconosce l’abilità di individuarli.
Gatti, cani, uccelli, tanuki, insetti, ranocchi. C’e’ una folta fauna in questa città. Per chi ha occhi per vederla.

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Ci addentriamo per Ueno. Loro acquistano un tayaki alla fragola e crema. Si chiacchiera e si scattano foto. Infine ci salutiamo alla stazione, loro riprendono la loro passeggiata, io riprendo il treno. Acquisto un daifuku al sesamo alla stazione di Tokyo e riparto.

E mentre scorre in tv l’ultimo appuntamento di uno dei drama stagionali, la sera riguardo le foto scattate. E mi dico che non sempre la pioggia vien per nuocere e che Tokyo, lucida d’acqua, ha un suo fascino.

Oggi, mentre aspettavo che Ryosuke scendesse dal parcheggio delle bici, uno dei vecchietti in tuta blu, addetto alla gestione, mi parla del tempo.

「三寒四温、わかりますか?」”Conosce il detto sankanshion?”
In sostanza: per tre giorni di freddo, ce ne saranno quattro di caldo. E’ così che arriva la primavera. Così mi ha spiegato.

Un’espressione questa che originariamente in Cina e in Corea era riferita all’inverno. E che il Giappone ha applicato invece alla primavera dato che qui, al contrario dei paesi vicini, non esiste un’alternanza così esatta di giorni di freddo e di caldo.

Un’altra cosa che non sapevo e che ora so.

*In foto scatti di ieri nel parco di Ueno.

Della neve che preannuncia primavera

Basta aprire le tende, così di colpo, la mattina. E la città è lì davanti a te. Oggi tutta bianca. I tetti coperti dalla neve. L’orizzonte ingoiato dai fiocchi e dalla foschia.

Che spettacolo! mi sono detta e quasi mi dispiaceva andare a lavorare solo per non poter andare in giro a scattare foto nelle mie zone preferite. Ma il mio lavoro, per fortuna, l’adoro e so che il prossimo anno, di nuovo, nevicherà~

La Gigia stamattina era tutta felice e non appena ha visto la neve ha iniziato a correre. Io dietro di lei, con la macchinetta fotografica. Con i grandi stivali rosa sono andata anche al lavoro. Niente bicicletta. Nei giorni di neve è autobus.

Forse è la mia romanità, il fatto che fin da bimba la neve è sempre stata un evento eccezionale, ma la adoro. Inoltre, sembra che la città acquisti un non so che di poetico.
Di giorno e anche di notte. Quando le luci dei lampioni, i fari delle macchine, le tinte accese delle insegne della Tokyo più insonne, si ammorbidiscono.

E mentre i miei viaggi in metro vengono spesso sfruttati per scrivere, per leggere e studiare, nei giorni di neve non riesco a rimanere concentrata. Tolgo persino gli auricolari e mi volto a guardare i tetti bianchi susseguirsi l’uno dopo l’altro dietro le ampie vetrate della Tozai o della Chuo Line. Gli alberi carichi di bianco, i campi che mutano colore.

Quando sono arrivata a Takadanobaba nevicava ancora, un pochino meno forte. A malincuore ho chiuso l’ombrello e sono entrata nel caffè.

E’ l’ultima neve dell’anno. La neve che preannuncia la primavera.

Così, quasi esagerando sul paradosso del binomio, recitavano oggi in televisione. Durante una di quelle appassionanti discussioni sul tempo tutte giapponesi. Pupazzetti che animano cartelloni preparati per l’occasione, mostri che soffiano vento in direzione del Giappone, soli o nuvole sorridenti. Tutto trasformandosi in un gioco.

* In fotografia Takadanobaba coperta dalla neve, la piazza e le “orme” dei bus e dei taxi che vi girano tutto intorno (1); una donna che sale su un taxi, il suo volto di profilo, l’altra che aspetta che arrivi la prossima vettura (2); un tempietto piccino picciò coperto dalla neve di questa mattina (3).