感謝 o della riconoscenza per gli altri e per sé

Sei qui, in questa palestra, vestita di abiti pensati, disegnati, prodotti, consegnati, confezionati, venduti da altri.
Nutrita di cibo che in origine era altrove, anche molto lontano da te, piantato, annaffiato, raccolto, preparato, imballato da altri.
Seduta in un luogo che altri hanno progettato, costruito, per cui ci sono volute centinaia di materiali diversi, ognuno confluito da un pezzo diverso di mondo.

E ognuna di quelle persone ha una vita, che coinvolge tutte le altre.

Questo – mi ha insegnato Yuko mercoledì – è quel che si intende per kansha 感謝 la riconoscenza.

Mani giunte al petto e un inchino.
La solitudine è un sogno.
La realtà è una folla invisibile, di cui percepiamo solo l’io.

E poi c’è quell’altra riconoscenza.

Quella per il corpo che ti porta da un lato all’altro della tua vita. Che anche disprezzi, perchè non è mai come lo vuoi.
Che nonostante lo pretendi perfetto non gli dai le cose giuste con il quale nutrirlo. Non lo coccoli mai. Che non vuol dire rimpinzarlo di dolci, ma farlo riposare quando ne ha bisogno, farlo dormire, dargli le cose giuste da mangiare.

Se in questo anno di grande fatica e immense soddisfazioni lavorative ho capito qualcosa, è che serve mettere un palmo sull’altro e fare un inchino a se stessi.

Non solo dire grazie ma dirsi grazie.

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