Atti di bellezza

Torno a casa che è la festa di setsubun 節分, che gli orchi mi accolgono insieme ai fagioli e il Giappone della tradizione è nei giochi dei bimbi.

L’ultimo giorno di Milano, dopo l’ennesima colazione esagerata, sono corsa verso Duomo. Volevo vedere quello scalare architettonico di bianco verso il cielo, prima di andare via.

Come atto di pura bellezza, da sempre domando informazioni per strada; appositamente, mi rivolgo alle persone più improbabili, quelle peggio vestite, usurate da un mestiere di fatica, gente tatuata anche sulla nuca, con occhi guasti, gente “pericolosa”. Gente che non è abituata a ricevere domande così.

Lo faccio perché è bellissimo vedere la sorpresa nei volti, “Ma chiede a me?” e poi ringraziare con un sorriso che ti prende tutta la faccia.
Amo profondamente l’espressione cambiata di quegli individi reietti, gente che spesso si lascia andare a specifiche ulteriori, a commenti aggiuntivi per aiutarti.

In Giappone succede quando, dopo un primo stupore frammisto a paura di non essere in grado di rispondere nella lingua che i miei lineamenti spingono avanti, formulo rapida la domanda in giapponese. Si rassicurano allora, stanno dietro anche ai miei commenti di troppo, che sono un invito a parlare. Amo parlare, amo ascoltare la gente cosa ha da dire.

Domandare, come atto di solidarietà.
Domandare, come atto di bellezza.

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