Le 1200 parole per raccontare la pioggia in giapponese
Credo nella complessità. Credo nella disciplina. Credo nelle 1200 parole per dire «pioggia» in giapponese.

La cultura è una cosa complicata. Lo è l’amore, lo è avere a che fare con le cose e le persone. So che in ciò che ha scorza e guscio si nasconde spesso il meglio.

«Quando vidi quei segni che si affollavano sullo schermo, scorrendo dall’alto in basso, da destra a sinistra, fu un colpo di fulmine. Per temperamento ho sempre amato la complessità, misurarmi con qualcosa che non accetta di aprirsi al primo incontro.»
Così, anche oggi, accompagnando i bambini oltre la porta, esclamo – Guardate che bello! – e mostro loro il tempo. Pioggia di primavera, lieve.
«Uno dei compiti che mi sono assegnata come madre, è quello di far apprezzare ai bambini giornate cosí, le pozzanghere, l’effetto dell’acqua sulle cose, il rumore diverso dei passi, gli abiti cambiati delle persone, stivali di gomma e impermeabili pieni di colore. Trovo deprimente che della pioggia si percepisca solo il fastidio e mi pare piuttosto un peccato mortale schiacciare la percezione dei bambini, che sarebbe invece naturalmente in grado di tirar fuori il meglio dalla realtà.»